Recensito da Donato
Zoppo
Dopo 20 anni... un grande ritorno (Vers. stampabile )
I Central Unit non lo sanno ma hanno realizzato
un disco fatto apposta per me. A partire dalle due
cover: "Areknames" di Battiato ("Pollution", 1973) e
"Riders on the storm" dei Doors ("L.A. Woman", 1971),
guarda caso due dei miei pezzi preferiti nella
discografia di questi artisti. La prima - pur non
discostandosi molto dall'originale - presenta un
brillante arrangiamento futuristico ma è la seconda che
stupisce. Essa rivela l'approccio del gruppo bolognese
alla materia sonora: le mani del gruppo sono quelle
della miglior massaia, che impasta con forza e vigore.
Alla malinconia di Morrison e soci si intreccia quella
del Bongusto di "Una rotonda sul mare" (debitamente
campionato), per un risultato assai eccitante.
I
brani originali sono altrettanto interessanti, poichè
perfetta espressione della poetica del gruppo: jazz e
rock, sintesi elettronica, loops e avant-pop, con un
sound che talvolta può ricordare quello dell'ultimo
Davis ("Doo bop" ad esempio), magari gli ultimi Gong -
che flirtano con trance e house. Ma c'è di più: echi
mimimalisti, new wave e "tedescume". E' così nei densi,
splendidi 14 minuti di "Until Trance", vero compendio
della loro filosofia. Così anche nell'ottima opener
"Lacroix", futuribile fusion con i vocalizzi di Demetrio
Stratos perfettamente incastrati. E' interessante notare
che anche il Picchio Dal Pozzo dell'ultimo album ha
proceduto nello stesso modo, incorporando frammenti
stratosiani.
La formazione: Alberto Pietropaoli
ai fiati, Enrico Giuliani ai bassi, Roberto Caramelli
samplers e canto, Riccardo Lolli alle tastiere, Andrea
Ventura alle percussioni. Ospite il fiatista Marco
Tamburini, Paolo Ballone e Ruggero Marchetti alle
chitarre.
Una curiosità: il gruppo era attivo
nella Bologna dei primi anni '80, degno seguace dei
Tuxedomoon, eclissandosi poi per una ventina d'anni.
Questo ritorno recupera stralci di quel passato
electro-wave, come nell'ipnotico tecno-rock di "Tube 6"
o nel nebbioso paesaggio di "Still Sand", nelle
esasperate brume sonore di "Rock 11". In "Mas
Rapido" vecchio e nuovo sembrano incontrarsi, con una
fusion tecnologica ad alto voltaggio; la title-track,
minimale se non scarna, cresce in suggestione e
intensità, grazie alla performance dei due
fiatisti.
E' un disco di grandi soluzioni sonore,
dalle mille sfumature, energico e diretto quando serve e
quanto basta, dai gradevolissimi impasti strumentali.
Uno dei migliori del 2004 italiano.
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